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Qualsiasi ambito relazionale può diventare una setta

Oltre 300.000 colpiti da culti in Spagna

Professionisti, familiari ed ex membri discutono di questo fenomeno che non è solo religioso

El psicólogo Miguel Perlado junto a Christopher, Enric y Juan en...Lo psicologo Miguel Perlado con Christopher, Enric e John a Barcellona

 

Il fenomeno delle sette mantiene una vecchia problematica, ma con un volto nuovo. Queste organizzazioni non sono più associate solo ad una componente religiosa, ma negli ultimi anni ci sono state sette legate alla pseudoterapia o al supporto pseudospirituale. “Il loro comportamento è simile: attraggono mediante un’esca” dice lo psicologo Miguel Perlado, presidente della Associazione Americana per la Ricerca sul maltrattamento psicologico (AIIAP) che in questi giorni ha organizzato la Prima Conferenza Nazionale per Professionisti, Famiglie ed ex membri di culti a Barcellona.

Questa è la prima volta che si tenta di discutere in modo plurale su come le sette influenzano le persone e il loro ambiente e quale aiuto questi ultimi possono ricevere dal loro ambiente. Perlado si rammarica che il governo “ha trascurato” questo problema quando in altri paesi europei come la Francia, ci sono leggi specifiche. “In Spagna il fenomeno è sminuito“, spiega lo psicologo, che ricorda che ci sono “gruppi religiosi legati al potere“.

A dispetto di questo, il principale ostacolo delle persone che hanno problemi con le sette è abituarsi ad essere se stessi, poiché lo soffrono come “un stigma” e “si vergognano per essere stati manipolati“, pur avendo istruzione o formazione, secondo quanto riferiscono due vittime, John e Christopher, che hanno portato la loro testimonianza diretta in questa conferenza. Hanno anche spiegato che alcune vittime mostrano “riluttanza ad andare da un terapeuta“, non solo a causa delle difficoltà di spiegare il proprio caso, ma anche perché molti [terapeuti, ndt] non sono ben formati su questi problemi.

In questo senso, la conferenza, cui hanno partecipato circa 130 persone, ha cercato di stabilire criteri comuni per la cura delle persone colpite, discutere di sette, creare una rete per “unire le forze” e migliorare la prevenzione verso i  giovani, in quanto questi sono i più esposti ad “essere catturati“, come spiega  Perlado e quindi “possono perdere il controllo della loro vita e finire isolati“. Un’altra sfida della conferenza è “rompere gli stereotipi delle sette“, perché non solo possono influenzare mediante le questioni religiose, ma anche tramite gruppi di terapie alternative o di crescita spirituale.

Le vittime concordano sul fatto che in questi circoli si procede lentamente per andare a cancellare la propria volontà, si viene incoraggiati a non pensare e a lavorare per il bene del gruppo. “Quando si rendono conto di avere il controllo assoluto su di voi, demonizzano tutto al di fuori, anche la tua famiglia“, spiega Enric, un altro ex membro di una setta. “Qualsiasi ambito può diventare una setta“, dice Perlado, riferendosi alle pratiche di alcune istituzioni o aziende per mantenere dentro i propri membri. Una caratteristica è la possibilità di isolare la persona. Più spesso entrano in conflitto con la famiglia colpita o con ambienti non strutturati, mediante una presenza dominante che tende ad ossessionare il controllo e annullare il resto.

Dei 200 gruppi settari che sono presenti in Spagna si stima che la metà è in Catalogna. L’AIIAP stima che il problema delle sette colpisce 0,8% della popolazione, il che significa più di 55.000 in Catalogna e 300.000 in Spagna.

John spiega di essere cresciuto nell’ambiente dei Testimoni di Geova e che dopo 28 anni ha avuto una “crisi di coscienza” quando vide un bambino morire a Barcellona dopo che i  membri di questo gruppo avevano impedito che ricevesse una trasfusione, perché contraria al loro credo. Spiega che ha sofferto molto perché era da solo al di fuori della sua famiglia e non avrebbe avuto nessuna congregazione.

Christopher ha trascorso cinque anni in un gruppo di kinesiologia fino a che non è uscito grazie alla sua famiglia e ad un aiuto professionale. Da parte sua, Enric entrò attraverso un parente in una setta gnostica distruttiva e dopo 14 anni riuscì ad allontanarsi discretamente. Spiega che in quello tempo ebbe molti dubbi benché soffrisse, “una specie di inquisitore interno“, e li reprimeva per il bene della comunità, così come gli avevano insegnato.

Fonte: http://www.elmundo.es/cataluna/2015/03/06/54fa0a1dca4741ae6c8b4571.html

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Traduzione di Lorita Tinelli

Avvertenza: Questa traduzione non è stata realizzata da traduttori professionisti, pertanto ci scusiamo per eventuali errori.

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I Testimoni di Geova hanno occultato i casi di abusi sessuali sui minori?

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A San Francisco una donna ha citato in giudizio i Testimoni di Geova per non averla protetta da un pedofilo conosciuto quando era una bambina. Il Center for Investigative Report ha fatto luce sulle accuse secondo cui i leader religiosi hanno occultato gli abusi sessuali su minori. L’inviato speciale, Trey Bundy del CIR’s Reveal racconta di come l’Organizzazione stia utilizzando il primo emendamento per difendersi da queste accuse.

SEGUE TRASCRIZIONE DEI CONTENUTI DEL FILMATO:

Gwen Ifill: Il prossimo [servizio]: un’indagine sugli abusi sessuali tra i Testimoni di Geova e sulle accuse che i leader religiosi li avrebbero occultati all’interno di alcune delle 14.000 congregazioni degli Stati Uniti.

I nostri colleghi del Center for Investigative Report hanno ottenuto un  memo confidenziale che fa nuova luce sulle rivelazioni.

L’inviato speciale Trey Bundy ha una storia dal Reveal, un nuovo sito Web, radiofonico, e un podcast gestito dalla centrale.

TREY BUNDY: Ad un convegno dei Testimoni di Geova in California, i nuovi membri si stanno battezzando.

UOMO: Al tuo battesimo, dici di sì.

TREY BUNDY: Vi aderiscono più di otto milioni di membri in tutto il mondo.

Ai credenti viene insegnato a rinunciare alla società laica, perché essa è controllata da Satana, e di non  socializzare troppo con gli esterni. Ma l’accusa di abusi sessuali ha portato questa comunità insulare sotto una maggiore attenzione. Ed ora, in questo tribunale di San Francisco, il primo caso di abusi sui minori contro i Testimoni di Geova è a processo.

Candace Conti ha citato in giudizio l’organizzazione per non aver proteggerla da un pedofilo conosciuto quando aveva 9 anni.

CANDACE CONTI, querelante: Se dovessi riassumere i nostri obiettivi in questo caso, erano di attaccare le politiche e le procedure che mantengono all’interno un molestatore seriale, il quale continua a molestare i bambini.

TREY BUNDY: l’avvocato di Conti afferma che le istruzioni dei leader dei Testimoni di Geova hanno favorito i molestatori di bambini.

UOMO: Le istruzioni erano di mantenere questi pedofili nel segreto.

TREY BUNDY: Il caso si impernia sulle lettere da parte dei leader dei Testimoni di Geova ai capi delle congregazioni locali. Per quasi 20 anni, essi hanno ordinato loro di inviare i rapporti come questo per ogni pedofilo noto, per nascondere questi casi alle loro congregazioni, e per non collaborare con le forze dell’ordine o con i giudici.

Essi hanno rifiutato gli ordini dei giudici di consegnare queste segnalazioni di abuso, quindi non si sa quanti casi come quello di Conti ci sono là dentro.

JAMES McCabe, avvocato dei Testimoni di Geova: I Testimoni di Geova aborriscono la pedofilia in qualsiasi forma.

TREY BUNDY: I Testimoni di Geova insistono di rispettare le leggi. E i loro avvocati sostengono che il primo emendamento dà loro il diritto di impostare una policy sugli abusi sui minori come meglio credono.

JAMES MCCABE: le convinzioni religiose e gli standard dei Testimoni di Geova sono in gioco in questo caso, dall’inizio alla fine.

TREY BUNDY: Le credenze religiose provengono dalla Watchtower Bible and Tract Society di Brooklyn, che ha spesso usato il Primo Emendamento per difendere le sue politiche di separazione.

Nel 1943 hanno anche vinto una causa della Corte Suprema sostenendo che gli aderenti non dovrebbero essere costretti a giurare fedeltà alla bandiera.

TREY BUNDY: gli avvocati della Torre di Guardia, che si sono rifiutati di parlare con noi, stanno ancora sostenendo il Primo Emendamento come difesa per mantenere segreti nelle congregazioni gli abusi sui minori.

JAMES MCCABE: Agli anziani  in quella lettera viene consigliato di prestare speciale attenzione  al consiglio di non rivelare il discorso confidenziale di un altro, citando dalla Bibbia il libro dei Proverbi, capitolo 25, versetto 9.

TREY BUNDY: Candace Conti faceva parte della congregazione dei Testimoni di Geova di Fremont, in California. Ella spesso si è recata in gruppi di adulti per andare a bussare alle porte,  tra loro c’era anche quest’uomo, Jonathan Kendrick.

CANDACE CONTI: Era molto dominante, molto prepotente, molto – ha imposto la sua presenza.

TREY BUNDY: Lei dice che Kendrick avrebbe approfittato dell’attività di  predicazione per trovare il modo di rimanere solo con lei.

CANDACE CONTI: Jonathan Kendrick mi ha molestato da bambina. Ho ingoiato tutto e ho cercato di non pensarci su, più che potevo.

TREY BUNDY: Quello che nessuno nella famiglia di Conti sapeva era che Jonathan Kendrick aveva ammesso di aver molestato una bambina un anno prima.

A Michael Clarke, un anziano della congregazione, è stato chiesto qualcosa a questo proposito in questa deposizione.

UOMO: Si ricorda di essere venuto a conoscenza di un abuso sessuale su un minore da parte di Jonathan Kendrick?

MICHAEL CLARKE, Anziano della Congregazione del North Fremont: Sì.

UOMO: Quando è venuto a conoscenza di tale relazione?

MICHAEL CLARKE: Egli ci aveva chiamato a casa sua per discutere qualcosa – o per confessare di un incidente con la sua figliastra.

TREY BUNDY: Clarke non ha chiamato la polizia. Ha seguito il protocollo della Torre di Guardia. Ha scritto al quartier generale di New York, chiedendo come trattare  la confessione di Kendrick. Gli hanno risposto di non approfondire la questione.

Invece hanno detto, “forniscigli  forti consigli scritturali per evitare il ripetersi di tale grave reato”.

MICHAEL CLARKE: noi non rendiamo questo pubblico alla congregazione. E’ cosa riservata.

TREY BUNDY: Gli anziani non avvertono gli altri membri che uno di loro è un pedofilo.

UOMO: Queste sono la politica e la prassi dei Testimoni di Geova che si apprendono come  anziano, giusto?

MICHAEL CLARKE: Sì.

TREY BUNDY: Clarke dice che gli anziani hanno suggerito di non lasciare Kendrick solo con i bambini. Ma a lui era ancora permesso di partecipare alle attività della congregazione dove c’erano anche i minori. Un anno dopo, uno di quei minori era Candace Conti.

CANDACE CONTI: E io non credo che abbia mai smesso. So che con me non ha smesso. Sai, è sempre lì. Ed era solo probabilmente uno di quei giorni che io avevo sentito.

TREY BUNDY: Conti ha taciuto sugli abusi, solo anni dopo, quando ha scoperto su un registro di  reato sessuali che egli aveva molestato un’altra giovane ragazza. Ella ha così deciso di citare in giudizio la Torre di Guardia.

CANDACE CONTI: Penso che, dopo averlo scoperto, ho avuto questo senso di colpa. E se ho fatto qualcosa io? E se io non fossi stata una codarda? E se io avessi fatto qualcosa per proteggere forse quest’altra bambina? Sapevo di cosa era capace, ma non ho fatto niente. E poi ora guarda cosa è successo.

TREY BUNDY: ho guidato fino a Oakley, California, dove Kendrick si era trasferito quando ha lasciato la congregazione di Conti. Ho incontrato la ragazza che Conti ha trovato. Ella ha accettato di parlare con noi, a patto che non mostriamo il suo viso.

DONNA: Quando ero una bambina, probabilmente a circa 6 o 7, Jonathan Kendrick ha abusato di me.

TREY BUNDY: Ella incolpa la Torre di Guardia che ha consentito, col suo segreto, di aver fatto entrare nella sua famiglia Kendrick  e di essere diventata il suo bersaglio. La famiglia ha citato in giudizio i Testimoni di Geova.

DONNA: Si sapeva che aveva un passato, e non l’hanno detto a  noi.

TREY BUNDY: Quando Kendrick si trasferì alla congregazione di Oakley, a nessuno è stato detto che era un molestatore di bambini, nemmeno a Roger Bentley, che ha servito come  anziano lì per 30 anni. Ha rivisto la lettera di presentazione dalla vecchia congregazione di Kendrick.

ROGER BENTLEY, ex anziano, della Congregazone di Oakley: Non c’è alcuna indicazione per tutti sul fatto che lui è colpevole di abusi sui minori.

TREY BUNDY: Quindi non si parla di abusi sui minori, ma nessuna menzione di bambini?

ROGER BENTLEY: Beh, se la si legge, si dice che è un individuo molto interessante, che ha preso il comando con alcuni giovani della congregazione e li ha riabilitati da strade sbagliate.

Questo non è un pedofilo. Questa è una raccomandazione. Questa è una raccomandazione molto specifica: Oh, calma. Lui è bravo con i bambini.

TREY BUNDY: ho passato mesi cercando di intervistare i leader della Torre di Guardia, ma non parlano con me. Invece, hanno inviato una dichiarazione, dicendo che rispettano le regole sulle segnalazioni, che non proteggono coloro che abusano in applicazione alla legge, e che si impegnano a prevenire gli abusi sui minori.

E in una delle decine di cause legali che si sono aperte, al supervisore della Watchtower, Richard Ashe, è stato chiesto se l’organizzazione ha delle responsabilità nel proteggere i bambini dagli abusi.

RICHARD ASHE, Supervisore della Watchtower: Beh, nella congregazione la nostra è una protezione spirituale. Quando si parla di protezione fisica, essa è compito delle autorità secolari.

TREY BUNDY: Gli è stato chiesto se esistono direttive bibliche della Torre di Guardia per mantenere i casi di abusi sui minori riservati.

UOMO: Si afferma, al paragrafo tre, che c’è un tempo per tacere, quando le tue parole possono dimostrare di essere insufficienti.

Vedete questo?

RICHARD ASHE: Sì.

UOMO: Ho intenzione di oppormi a questo. Si tratta di una violazione del Primo Emendamento, la libertà di religione, la libertà di associazione.

TREY BUNDY: I tribunali continuano a confrontarsi con la domanda: In caso di libertà di religione prevalere la responsabilità di proteggere i bambini?

Nel caso di Candace Conti, la giuria escludeva il Primo Emendamento e ha deciso che la Torre di Guardia e la congregazione del North Fremont erano state negligenti e non l’hanno adeguatamente protetta dagli abusi.

Kendrick sostiene di non averla mai molestata. Lei, in attesa di appello, ha ricevuto più di 15 milioni di dollari di risarcimento per danni. E’ la prima volta che una giuria ha ordinato alla Torre di Guardia di pagare per le sue politiche sugli abusi sui minori.

Ma per un’altra vittima di Kendrick, la sua causa contro la Torre di Guardia è stata archiviata. Anche se Kendrick ha confessato l’abuso in questa deposizione ed è stato condannato a  circa otto mesi di carcere, il giudice ha affermato che le politiche della Torre di Guardia erano vincolate dal Primo Emendamento. Non era responsabile perché l’abuso si  verificato a casa e non nel corso delle attività religiose. La Torre di Guardia non aveva alcun obbligo di avvertire la famiglia sul passato di Kendrick.

Kendrick è ora libero ed è ancora un membro attivo della congregazione di Oakley.

CANDACE CONTI: Il fatto che Jonathan Kendrick sia ancora un membro in buona condizione è assolutamente ridicolo. E’ spaventoso. Il fatto che egli abbia ancora l’accesso ai bambini – e, in realtà, i miei genitori non avevano il potere di sapere che Jonathan Kendrick era un pedofilo.

Diamo ai genitori il potere di essere in grado di proteggere i loro figli. Ed è quello che queste organizzazioni impediscono.

TREY BUNDY: Nonostante l’enorme verdetto contro la Torre di Guardia, l’organizzazione si attiene alle sue politiche. In realtà, è appena uscito un memo confidenziale che ricorda agli anziani di tacere sugli abusi sui minori.

Così Trey Bundy dal Riveal per la NewsHour.

Fonte: http://www.pbs.org/newshour/bb/leaders-jehovahs-witnesses-cover-child-sex-abuse/

 

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Traduzione di Lorita Tinelli

Avvertenza: Questa traduzione non è stata realizzata da traduttori professionisti, pertanto ci scusiamo per eventuali errori.

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La Psicoterapia e il Cliente Fondamentalista: gli obiettivi e le sfide del trattamento dei testimoni di Geova.

Author information

  • 1Derner Institute of Advanced Psychological Studies, Adelphi University, Garden City, NY, USA, meredithfriedson@yahoo.com.

Abstract

I Testimoni di Geova sono un gruppo religioso cristiano fondamentalista, ben noti per il loro proselitismo porta a porta. Come risultato della loro fede nella diffusione della Parola di Dio e della conversione di altri, i Testimoni di Geova sono in crescita in tutto il mondo. Un elemento primario della dottrina dei Testimoni di Geova e di altri gruppi fondamentalisti è la regola di non intrattenere relazioni con persone al di fuori della loro religione. Come risultato di questo isolamento, molti fondamentalisti che soffrono di stress psicologico possono esitare a ottenere aiuto da parte della comunità della salute mentale. Il loro sistema di credenze e di valori culturali, compresa la pratica di “scomunica” o di evitamento dei membri, influenzano i tipi di problemi che i Testimoni di Geova e altri fondamentalisti presentano nella terapia e rappresentano ostacoli al trattamento e complicazioni che possono sorgere all’interno della relazione terapeutica.

FONTE: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25261980

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Traduzione di Lorita Tinelli

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Sette e santoni crescono, le istituzioni tacciono

Il mondo dell’occulto è più vicino di quanto si possa immaginare. Le lobby settarie sono molto attive, specie nei palazzi di potere. Ma lo Stato è assente: in Italia non esiste il reato di manipolazione mentale. Ogni tentativo è miseramente fallito. Un aiuto enorme per i guru che, così, vivono felicemente impuniti

di Carmine Gazzanni
“Queste organizzazioni funzionano con la stessa logica della mafia. Se tu parli, critichi, attacchi e hai il coraggio di esporti, ti bastonano fino a farti zittire. La mafia ti mette nell’acido, questi ti rovinano la reputazione per sempre”.
Il parallelo della dottoressa Lorita Tinelli del Cesap (Centro Studi Abusi Psicologici) è di quelli che lasciano quanto meno spiazzati. Eppure il mondo – poco conosciuto – delle sette religiose è un mondo inquietante. Fatto di vite distrutte e di abusi di ogni tipo. E, purtroppo, di uno Stato assente grazie al quale tanti santoni e “guru” del mondo occulto rimangono felicemente impuniti. Il motivo risiede nel fatto che in Italia non esiste il reato di manipolazione mentale. Un inspiegabile vuoto normativo grazie al quale il mondo dell’occulto prospera.“LA MIA VITA COL MOSTRO”
Paola vive nella zona di Cesenatico. A distanza di anni è riuscita a rifarsi una vita. Ma, come lei stessa racconta, “molte cose ti restano. Per sempre”. Tutto comincia quando Paola ha solo 15 anni. La madre comincia a frequentare un santone che dice di parlare con la Madonna. “Vivevamo  un momento di difficoltà in quel periodo e tanto è bastato affinché mia madre, e di conseguenza anche io e mia sorella, ci legassimo sempre di più a lui”. Presto la vita di Paola comincia a cambiare radicalmente: “Nel giro di tre mesi mia madre si è letteralmente trasformata: casa divenne piena di quadri della Madonna e di crocifissi, la sera sempre il rosario, due giorni a settimana o digiuno o pane ed acqua. Bisognava seguirlo in tutto e chi non lo seguiva era in mano a Satana”. La musica era di Satana (“conta che io non potevo ascoltare musica se non canti religiosi o Radio Maria. Ho cominciato ad ascoltare musica a 26 anni”), la televisione era di Satana. E così l’oro, i dolci, la cioccolata. Per non parlare poi di discoteche, alcol, locali.

Con il tempo, gli abusi e le richieste cominciarono a diventare sempre più pressanti. “Pian piano mia madre era presa, sempre più presa. Tanto che il santone le disse: ‘Tu avrai grandi prove del fatto che la Madonna ti vuole davvero bene’. Ma affinché questo accadesse, diceva lui, erano necessarie prove. Una di queste prove era quella di non essere attaccata al denaro”.

Il processo, graduale, portò la madre di Paola a comprare al santone qualcosa come venti auto. “Nel giro di dieci anni tutto quello che lui chiedeva, mia madre comprava. Così facendo sono finiti tutti i nostri risparmi, poi ci siamo ridotti a fare debiti, finché non abbiamo dovuto vendere anche la nostra casa”. Ma non basta.
Agli abusi economici si aggiunsero anche quelli sessuali. Il racconto è sconvolgente: “Sia io che mia sorella abbiamo avuto il nostro primo rapporto sessuale con lui. Senza che noi, essendo piccole, ce ne rendessimo nemmeno conto”. Prima semplici discorsi, poi carezze sempre più spinte. “Una ragazza che è cresciuta praticamente fuori dal mondo come è capitato a me, non si rende conto di nulla”. E alla fine, complice una madre completamente annichilita, ecco l’abuso. E non una volta sola. Basti questo: oggi Paola è madre di quattro figli. Tutti avuti dal “mostro”, come oggi lei lo chiama.

Ed è proprio dopo il quarto figlio (e grazie all’aiuto di un sacerdote) che Paola rinsavisce e si allontana per sempre dal santone. Va dai carabinieri per denunciare tutto. Ma la risposta è raggelante: “Quando ho detto che mi costringeva ad avere rapporti con lui, loro mi dicevano: ‘tu eri maggiorenne in quel periodo. Ora non è più dimostrabile nulla, né un abuso né nulla’”. E oggi il “mostro” vive tranquillamente. In libertà. Nonostante, dice Paola, “da quello che so, la stessa cosa è successa anche ad altre cinque ragazze”.

UNA REALTÀ COMUNE  
Di storie come quella di Paola, il mondo occulto è pieno. Sono storie di abusi di ogni genere. È la storia di Giacomo Sotgia, ex adepto di Scientology, che nel suo memoriale del 10 agosto 2010, allegato alla denuncia presentata alla Procura di Pordenone, ricorda che “negli otto anni di affiliazione ritengo di aver versato, a vario titolo, circa novantamila euro”. È la storia di Franco, ex membro della Federazione di Damanhur nel torinese, che uscito dalla setta dopo venti anni, si è trovato senza risparmi e senza alcun contributo versato dato che nella Federazione esiste una moneta propria (il Credito) ovviamente non riconosciuta dallo Stato italiano.

È la storia, ancora, di famiglie spezzate. Come nel caso di Greta il cui ex compagno è fuggito con ben 150mila euro da donare ancora alla Federazione di Damanhur. Soldi che entrambi i genitori avevano racimolato per un solo obiettivo: pagare le spese universitarie per la figlia. È, ancora, il caso di un uomo di Bergamo, sposato con una testimone di Geova. Dopo vari tentativi di farlo convertire, lei decide di mollarlo, di punto in bianco. Portandosi con sé la figlia. E impedendole qualsiasi tipo di contatto con il padre. Oggi è la figlia stessa, plagiata, che non vuole più vedere il padre perché, dice, “se non ti converti, se non diventi un fratello, morirai”.

VUOTO ISTITUZIONALE  
Lo Stato, però, preferisce non intervenire. Nonostante il fenomeno sia in evidente espansione (un recente studio del Codacons parla di un fatturato dell’occulto che è arrivato nell’ultimo anno a oltre 8 miliardi, con 13 milioni di italiani nella rete), non abbiamo dei dati certi e ufficiali sul numero delle organizzazioni settarie presenti nel nostro territorio. L’ultimo rapporto che possediamo, realizzato dal Viminale, risale addirittura al 1998. Eppure, già allora si parlava di 76 movimenti religiosi per un totale di 78.500 affiliati. Il numero, però, col tempo è cresciuto a dismisura. “In quel periodo –  spiega la dottoressa Tinelli – il Ministero degli interni si occupò esclusivamente dei movimenti magico-esoterici che non sono la totalità dei gruppi esistenti oggi a livello nazionale. Attualmente riteniamo che ci siano all’incirca circa 500 gruppi organizzati”. Insomma, un aumento approssimativo di oltre il 500% nel giro di 16 anni.

Verrebbe da chiedersi, a questo punto, come sia possibile che non ci sia il benché minimo controllo di tale fenomeno. Semplice: l’Italia non ha una legge ad hoc. “Tanti santoni, guru o capisetta – dice Maurizio Alessandrini, presidente della Favis (Associazione Familiari delle Vittime delle Sette) – possono tranquillamente fare quello che fanno perché in Italia non esiste a riguardo una tutela”. “Bisognerebbe reintrodurre – chiosa la dottoressa Tinelli – il reato di manipolazione mentale”. Già, reintrodurre. Perché in Italia c’era. L’articolo 603 del codice penale, infatti, prevedeva che chi sottoponeva “una persona al proprio potere in modo da ridurla in totale stato di soggezione” poteva essere condannato fino a 15 anni di reclusione. Tuttavia dopo il caso Braibanti (nel 1967 un intellettuale di sinistra, aveva avuto rapporti omosessuali con due giovani. Uno dei due, però, spinto dai genitori, denunciò il tentativo di Braibanti di “introdursi nella sua mente”), la Consulta ha dichiarato il reato incostituzionale perché “reato d’opinione”. Da allora tutti i tentativi fatti per reintrodurlo sono miseramente falliti.  ”E’ chiaro – puntualizza Alessandrini – che non è nostro scopo resuscitare il vecchio reato di plagio, che la Consulta definì opportunamente una mina vagante nel nostro ordinamento giuridico. Auspichiamo però che lo Stato italiano possa adottare idonee misure legislative che prevengano e contrastino il condizionamento psicologico degli individui”.

Anche a causa delle pressioni delle lobby settarie, molto attive in Parlamento. L’ultimo tentativo di peso si è avuto nel 2005, quando un ddl sull’introduzione del reato di plagio è stato approvato dalla commissione Giustizia. Arrivato però in Aula a Palazzo Madama, dopo vari rinvii, è stato congelato, fino a scomparire dall’agenda politica. Anche in questa legislatura qualcuno ci ha riprovato. Come Pino Pisicchio che, il 15 marzo 2013, ha presentato una nuova proposta di legge sull’introduzione del reato di manipolazione mentale. Il ddl, però, non è mai stato nemmeno calendarizzato in commissione.

SANTI IN PARADISO
La domanda, allora, nasce spontanea: perché, nonostante il problema sia sotto la luce del sole, dopo anni e anni l’Italia non è stata in grado di attuare una legge che possa contrastare il mondo settario? “Dietro tutto questo c’è qualcosa di molto più grande”, dice Rocco Politi, ex testimone di Geova. Interessi, lobby, legami politici. Tesi che trova conferma con quanto raccontato nel libro-inchiesta “Occulto Italia” agli autori Gianni Del Vecchio e Stefano Pitrelli dal senatore Antonino Caruso: “Già nel 2005, da presidente della commissione Giustizia, misi all’ordine del giorno la discussione di un ddl sulla manipolazione mentale. Pochi giorni e arrivò nelle mani di tutti i senatori della commissione un costoso libro di Scientology in cui si raccoglievano tutte le fantastiche opere dell’organizzazione. Non credo sia stato un caso”.

Probabilmente, però, non c’è affatto da stupirsi. Tutte le sette religiose cercano legami. E le maggiori riescono anche facilmente ad attrarre uomini politici che, a loro volta, sanno di andare incontro ad un ricco bacino di voti. Un esempio su tutti: prima che il transfugo Domenico Scilipoti abbandonasse l’Idv, fu incaricato dallo stesso Antonio Di Pietro di dar vita al primo Forum nazionale antiplagio e al cosiddetto Osservatorio nazionale sulle sette abusanti. Peccato però che non si giunse mai a nulla di concreto dato che, tra le altre cose, lo stesso Scilipoti ha dato vita, poco tempo dopo, al Movimento Olistico, vicino alla Federazione Damanhuriana. Coincidenze? Forse. Certo è che sono tante.

ASSOCIAZIONI ABBANDONATE
Il risultato di questo quadro è che gli unici a lottare contro il mondo settario e ad offrire aiuto ai fuoriusciti spaesati sono le associazioni attive sul territorio, spesso fondate dagli stessi ex fuoriusciti,  come nel caso di Rocco Politi che ha fondato “Quo vadis”, proprio “per l’aiuto alle vittime dell’ostracismo dei movimenti religiosi alternativi devianti”. Senza un aiuto istituzionale, però, tali associazioni sono totalmente abbandonate, vittime di intimidazioni, anche pesanti. È il caso di Lorita Tinelli, la psicologa da sempre attiva nel contrasto al mondo delle sette con il Cesap (Centro Studi Abusi Psicologici) e che ormai vive una situazione di costanti pressioni.

La dottoressa, una studiosa impegnata nella tutela delle vittime di Arkeon, organizzazione pugliese sconquassata da pesanti inchieste giudiziarie che hanno portato ad una condanna definitiva per abusi sessuali di un maestro, mentre altri sono stati condannati in primo grado per associazione a delinquere. “Eravamo in tre in prima linea – ci dice – Ci hanno bersagliato e infamato in tutti i modi. Uno di noi tre, un altro psicologo, dopo pesantissime ingiurie si è suicidato nel 2010”. Le intimidazioni sono di ogni genere possibile: non solo l’attacco giuridico (“ci riempiono di denunce per diffamazione che ovviamente non hanno mai vinto”), ma anche continue  accuse infamanti tramite blog anonimi. “Addirittura – dice Tinelli – sono entrati nei computer, sono entrati nella nostra posta, l’hanno pubblicata arbitrariamente su un sito anonimo dimostrando, secondo loro, che noi avremmo congegnato un complotto”. Insomma, l’assurdo. Che sguazza in un imbarazzante vuoto normativo.

Torre di Guardia: I Testimoni di Geova minacciano i bambini che non prestano attenzione in sala con la morte


15 Feb 2015 at 12:18 ET

Screen capture (JW.org)

Un video animato realizzato dai Testimoni di Geova informa i bambini che se non  prestano attenzione in Sala, lo fanno a loro rischio e pericolo.

Nel video vi sono due bambini che partecipano ad una riunione in Sala con i loro genitori. Un predicatore ronza incomprensibile sullo sfondo, una ragazza viene rimproverata perchè sta quasi per addormentarsi, mentre un ragazzo è punito per aver tentato di giocare con la sua macchinina.

Quando la famiglia arriva a casa, tutti  si siedono a tavola. La madre chiede che cosa i due figlia hanno imparato in Sala oggi, e la ragazza risponde: “non dormire durante la riunione” mentre il ragazzo risponde, “non giocare nel corso della riunione“.

Il padre poi chiede ai bambini di immaginare “cosa sarebbe successo se nessuno avesse ascoltato Geova quando ha spiegato a Noè come costruire l’Arca“.

Il narratore mostra poi Noè e i suoi bambini che giocano su dispositivi di gioco portatili, a caccia di farfalle, che parlano, e durante il sonno, presumibilmente, Dio sta spiegando loro come costruire l’Arca. Il cielo si oscura, tutti corrono in un edificio rettangolare progettato che cade in parte quando la prima goccia di pioggia lo colpisce.

Lo schermo poi si riempie di acqua, e il dispositivo palmare con cui Noè stava giocando in precedenza galleggia vicino con la parola “GAME OVER” su di esso.

Non è quello che è successo, papà», dice il figlio.

È veroNoè ha prestato attenzione e ha salvato la sua vita. Prestando attenzione alle riunioni può contribuire a salvare anche  la tua vita“.

Il video poi taglia di nuovo sulla famiglia nel corso della riunione della Sala, ed entrambi i bambini sono diligentemente a prendere appunti mentre il predicatore – la cui voce è ora cristallina – spiega come Dio ha insegnato a Noè come costruire l’Arca.

Guarda il video intero via JW.org su YouTube qui sotto.

watch?v=eYOxGGgiZbo

 

Fonte: http://www.rawstory.com/rs/2015/02/watch-jehovahs-witnesses-threaten-kids-who-dont-pay-attention-in-church-with-death/#.VOImfqGxZYk.facebook

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Traduzione di Lorita Tinelli

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Osservazioni sulla trasmissione del Le Iene sui Testimoni di Geova

I Testimoni di Geova e le trasfusioni

 

Scomunicati dai Testimoni di Geova

 

Recentemente ci sono stati due servizi delle Iene sul caso ” Testimoni di Geova “, so che l’argomento non appassiona o interessa i piu’, ma per me e’ diverso perche sono stato uno di loro per circa 11 anni, e questo il motivo per cui negli ultimi giorni ho postato abbastanza sul tema nella mia bakeka di Facebook.

Il giudizio comune su di loro, che nasce da una scarsa informazione, e’ generalmente bonario, sono considerati zelanti se non ammirevoli ( “noi cattolici dovremmo prendere la nostra religione piu’ seriamente come fanno loro “, sento a volte dire ), un po strampalati ma gentili e ben vestiti, danno un’immagine di gruppo unito e ordinato, e con i loro diffusi banchetti pieni di riviste ormai li consideriamo quasi parte del paesaggio.
Insomma il loro marketing funziona, se non nel proselitismo (dove in Italia , e non solo, hanno pessimi risultati), nell’immagine pubblica che danno si se. Ma tutti noi sappiamo che se nella pubblicita il detersivo lava bianco piu’ bianco e spariscono anche le macchie impossibili, e  con Mastrolindo li vuol lavare lui, nella vita vera la conduzione domestica e’ un tantino differente.

Ecco , uscendo dall’immagine pubblicitaria pubblica, dove tutti gli aspetti sgradevoli sono accuratamente occultati, la realta’ dei Testimoni e’ triste per molti e drammatica per altri, anche per i motivi che i servizi delle Iene hanno sottolineato, una realta’ dove i meccanismi settari fatti di controllo dei comportamenti e del pensiero, in un sistema gerarchico molto sottolineato, producono divisione e lacerazione in molte famiglie oltre che rischio della vita soprattutto nei casi in cui necessita una trasfusione di sangue.

Chiusi nel loro fortino di certezze ( “lo dice la Bibbia” dicono loro, in realta’ lo dice il loro gruppo dirigente, che interpreta la loro Bibbia, sconfessata da tutti gli studiosi di ebraico e greco del mondo, in modo da farle dire cose che in realta’ il testo biblico non dice )… si difendono chiudendosi a riccio e utilizzando queste critiche come “dimostrazione” di persecuzione satanica nei loro confronti che li conferma come unico popolo eletto da Dio.

Come hanno reagito i Testimoni di Geova a questi servizi delle Iene?

1) L’ex Testimone di Geova, che ha segnalato alle Iene l’argomento, con la sua esperienza in cui raccontava di essere stato espulso perche’ ha acconsentito a trasfondere un minore in pericolo di vita, secondo il dirigente dei Testimoni Giorgio Caminiti ” e’stato espulso per reati in campo finanziario… e la bambina e’ morta in seguito alle trasfusioni “. Ovviamente, senza nessuna prova a sostegno di tali affermazioni, i Testimoni di Geova credono all’unisono su quanto detto perche’ lo ha detto Giorgio Caminiti e questo basta e avanza (ai tempi in cui ero Testimone, lo ammetto, sarebbe bastato anche a me). Curioso che il dirigente Stefano Papazian, in evidente difficolta’quando intervistato, non abbia avuto il coraggio di dire le stesse cose davanti alle telecamere, facendo chiarezza una volta per tutte. Forse che lanciare accuse davanti a un pubblico plaudente e’ piu’ facile? Chissa’ …

2) Le persone intervistate in questi servizi non sono veri Testimoni ma verosimilmente attori, da cui si deduce che Pelazza, il giornalista, e’ un disonesto che fa cattiva informazione, in combutta coi nemici di Geova ( i Testimoni di Geova amano le teorie complottiste).

3) Non manca ovviamente il costante riferimento alla “persecuzione” della loro minoranza religiosa, in uno Stato, quello italiano, che dovrebbe essere pluralista. Per i Testimoni ogni critica corrisponde a persecuzione, ma solo quando rivolta alla loro Organizzazione. Quando invece le critiche vengono dal loro interno, il malcapitato che osasse proferir parola uscendo dalle righe verrebbe subito emarginato se non processato in situazioni dove, da solo e  circondato da 4,5, o sei “anziani”,  dovrebbe ritrattare o  fare ammenda pena l’espulsione e senza un cane che funga da avvocato per difenderlo. Nel mondo normale anche i peggiori criminali hanno una difesa, ma qui non parliamo di un mondo normale.
I Testimoni inoltre diffondono milioni di riviste e pubblicazioni e sprecano fiumi d’inchiostro per (indovinate un po’?) criticare storia e comportamenti delle altre religioni. E’ veramente incredibilie come un metodo giudicato indegno quando rivolto verso di loro divenga improvvisamente lodevole quando utilizzato nei confronti di altri. Una Organizzazione religiosa che si accredita moralmente superiore rispetto alle altre e che si mette sul piedistallo come puo’ pensare di essere esclusa da uno sguardo molto attento?
Ovviamente i Testimoni di Geova non sono affatto perseguitati, che li si giudichi minoranza o meno, hanno un loro strumento giuridico, delle loro sedi autorizzate, dei ministri di culto che celebrano i matrimoni, permessi a go go per occupare marciapiedi coi loro banchetti ricchi di riviste multilingue, e possono deambulare di casa in casa senza alcun problema.
Non sono perseguitati ma come tutti non sono incriticabili, e su aspetti particolarmente delicati che toccano la salute, la stessa vita, e le famiglie, non si puo’ tacere, anche in ordine a diritti umani e sociali ormai acquisiti che fanno parte della nostra Costituzione e del nostro ordinamento giuridico e che vanno difesi come nel caso del divieto geovista delle emotrasfusioni e dell’odiosa pratica dell’ostracismo.

Questi gli argomenti geovisti, che pero’ non convincono nessuno, tranne tutti coloro gia’ sprovvisti da tempo della capacita’ di esercitare un naturale senzo critico che proprio Dio (per chi ci crede) ci ha dato.

I Testimoni di Geova non sono, purtroppo, l’unico caso di gruppi/culti discutibili che nel momento che entrano nella vita delle persone stravolgono la vita loro e di coloro che gli stanno accanto, da quando nel nostro Ordinamento e’ stato eliminato il reato di plagio, forse a ragione per come era formulato, si e’ creato un vuoto normativo che non tutela affatto le vittime di questi gruppi/culti i quali, anche forti di disponibilta’ economiche ingenti, hanno ampio spazio di manovra per prosperare con tutte le tutele di legge a loro favore ma senza eguali doveri da rispettare. E per coloro che liberamente vorrebbero uscirne, o ne escono, il percorso a differenza di quello di entrata, carico di promesse e aspettative, e’ quasi sempre doloroso e lacerante.
Uno Stato laico, pluralista, dovrebbe tutelare la liberta’ di esercitare il proprio convincimento religioso a tutti, ai vari culti, maggioranza o minoranza che siano, ma anche ai singoli che dovrebbero essere liberi di cambiare il proprio orientamento religioso senza ricevere “punizioni”  che ledono altri diritti umani socialmente riconosciuti.
Questo, purtroppo, in Italia ancora non avviene. E servizi come quelli delle Iene,  possono aiutare a rimettere al centro del dibattito il problema, nella ricerca diuno strumento legislativo migliore capace di affrontare queste situazioni.

Stefano Martella

https://www.youtube.com/watch?v=3Oit3JzKzhk – See more at: http://apocalisselaica.net/varie/contributi/testimoni-di-geova-servizi-de-la-iene#sthash.AptDpXuY.dpuf

Testimoni di Geova: Intervista radiofonica a Emidio Picariello

https://www.youtube.com/watch?v=J6qnNnrgkGE

La mia vita nell’organizzazione dei testimoni di Geova

Sta per calare la sera, il 10 dicembre 1974, quando vengo alla luce non senza difficoltà. I miei genitori, Anna e Mario, sono in Italia da un oltre un anno. Avevano deciso di rientrare dalla Germania dopo la nascita di mio fratello Giovanni, nato alla fine del 1972.

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Quando sono nato i miei erano già testimoni di Geova da almeno 5 anni. Si erano entrambi convertiti a questo culto e battezzati nel 1969, sebbene in regioni diverse della Germania. Mia madre abitava a Karlsruhe, mio padre era andato in Germania a cercar fortuna negli stabilimenti della Mercedes, nei pressi di Stoccarda. Mia madre era venuta in contatto con i testimoni di Geova nel 1964, ma essendo ancora minorenne e dovendo fronteggiare l’opposizione dei suoi genitori, aspettò la maggiore età per battezzarsi. Mio padre fu messo in contatto con i testimoni di Geova alla fine del 1968, da un collega di lavoro. Complici le difficoltà e forse la solitudine degli emigranti, accettò la loro compagnia, si adeguò agli insegnamenti dei testimoni di Geova e alla loro speranza di “vita eterna”. Erano anni di grande fermento fra i testimoni, l’anno 1975 era vicino e bisognava affrettarsi. Così lasciò il lavoro con le prospettive di una carriera alla Mercedes, si battezzò e partì come pioniere*. Fu assegnato alla neonata congregazione di Karlsruhe, e lì conobbe mia madre. Era cominciato il 1970. Alla fine dello stesso anno si sposarono.

Erano in molti ad attendere la fine nel 1975. Alcuni, spinti anche dalle dichiarazioni della dirigenza dei testimoni di Geova, arrivarono a vendere i propri beni, come la casa, per vivere in attesa della presunta fine con uno stile di vita semplice e privo di distrazioni materiali. Ma il 1975 arrivò e non accadde nulla. Così, quando divenne evidente che le previsioni dell’organizzazione erano sbagliate, i miei si ritrovarono di fronte ad una scelta: restare in Italia, in affitto e con evidenti difficoltà economiche o tornare in Germania, avvalersi dell’appoggio dei parenti e dei molti amici testimoni di Geova rimasti lì e lavorare entrambi per coltivare il sogno di realizzare una casa per la loro famiglia. Scelsero la seconda soluzione e così, pochi mesi dopo la mia nascita, i miei tornarono in Germania. E lì siamo rimasti fino al 1983, anno del definitivo rientro in Italia.

I primi anni in Italia non furono facili. Mi sono dovuto adattare ad un nuovo ambiente, passando da una moderna città, Karlsruhe, in cui vivevo, ad un contesto decisamente più rurale, come la pedemontana veneta. Anche la scuola era tutta diversa. I primi tre anni li avevo fatti in una scuola multietnica, all’avanguardia sotto molti profili, dove le materie classiche erano integrate da moltissime attività come il nuoto, il teatro e perfino l’educazione ambientale! Qui era tutto diverso, non solo la scuola di per sé, ma i compagni, i metodi didattici e gli orari.

Un altro fattore di cambiamento che rendeva il tutto ancora più complicato era il mutato atteggiamento dei miei genitori nei confronti della loro religione, in particolare di mio padre. L’illusione del 1975, il subire delusioni, anche cocenti, da parte di alcuni “fratelli” (che avrebbero dovuto essere le migliori persone del mondo) fecero sì che la partecipazione alle attività del movimento diventasse meno ossessiva. Alcune di queste delusioni riguardavano questioni finanziarie, come investimenti di denaro risultati poi fallimentari, in alcuni casi si trattò di vere e proprie truffe. Altre riguardavano il comportamento di alcuni testimoni che, contrariamente alla facciata di brave persone, non perdevano occasione per criticare, accusare e perfino condannare gli altri. Tutto questo aveva fatto riflettere mio padre che smise lentamente di ubbidire all’organizzazione e non partecipò più con la stessa assiduità alle numerose attività che contraddistinguono i testimoni. Da quel momento in avanti la sua partecipazione alle adunanze e alla predicazione ha subito diversi alti e bassi, che in gran parte dipendevano dalla compagnia che trovavamo nelle congregazioni.

Diverso atteggiamento fu quello di mia madre, che continuò a credere, giustificando le delusioni con la motivazione ampiamente adottata da molti testimoni e sovente suggerita dal Corpo Direttivo: gli uomini sbagliano, ma l’organizzazione, nonostante gestita da uomini che possono sbagliare, è diretta da Dio, quindi degna di fiducia. L’equazione è semplice: dubitare dell’organizzazione significa dubitare di Dio stesso!

Così, fra alti e bassi, sono cresciuto dentro quest’organizzazione, sperimentando ovviamente tutte le delusioni che i figli dei testimoni di Geova devono subire: non ho mai festeggiato un compleanno, non era possibile coltivare amicizie fuori dall’organizzazione, ovviamente non esistevano le festività: Natale, Carnevale, Pasqua, Epifania erano parole che per noi piccoli significavano di solito restare chiusi in casa. Nella migliore delle ipotesi poteva voler dire pranzare o cenare con i parenti, senza però il minimo riferimento alla festa, ai regali e quant’altro. I miei genitori, comunque, sotto questo aspetto, hanno sempre fatto di tutto per non farci sentire troppo diversi, inventando dei diversivi o camuffando le festività in modo che non ne sentissimo troppo la mancanza. L’isolamento a scuola era una prassi, ed essere spesso preso di mira dai compagni di scuola per la sola colpa di essere un figlio di testimoni di Geova diventò presto un’abitudine a cui non cercavo nemmeno di sottrarmi. Potrei fare un lungo elenco di scherzi, offese e umiliazioni subite negli anni di scuola per il solo fatto di essere figlio di testimoni di Geova. Ne ricordo uno per tutti: un giorno, in 4^ elementare, non ritrovai più il giubbotto per rientrare a casa. Fu ritrovato nei bagni della scuola, tutto sporco e infilato in un water.

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Sono cresciuto subendo tutto questo e sotto il continuo bombardamento della solita cantilena: i veri servitori di Dio sono perseguitati in questo mondo, per cui se sei preso in giro e subisci i “dispetti” degli altri è segno che stai nel favore di Dio. Questa convinzione, unita all’impossibilità di fare verifiche accurate e ricerche sulla reale origine degli insegnamenti dei testimoni di Geova mi ha portato, alla fine, al battesimo. Era il 20 gennaio 1990 e io avevo 15 anni compiuti da poco.

Durante gli anni delle scuole superiori ho affrontato diverse “crisi di coscienza”, un po’ perché non approvavo certi atteggiamenti che vedevo dentro le congregazioni cui ci associavamo, un po’ perché, non riuscendo in pieno a soddisfare le “alte” norme morali imposte dai tdg, mi sentivo in colpa. Come quasi tutti gli adolescenti, ho passato la fase critica del passaggio dalla pubertà all’adolescenza, con tutte le sue “tempeste ormonali” e la conseguente sperimentazione della propria sessualità attraverso la masturbazione, ma essendo questa pratica considerata “impura” dai testimoni, mi sentivo indegno di appartenere a quella che consideravo una casta di meritevoli. Anni dopo, diventando anziano, ho constatato che sono molti i testimoni di Geova, e non solo adolescenti, che sfogano la propria repressione sessuale attraverso la masturbazione e la pornografia, spesso con devastanti sensi di colpa. Così come ho notato che vi sono anche quelli che vivono nella più totale libertà senza sentirsi minimamente sotto la condanna divina, la cosa importante è non farsi scoprire.

Ma una cosa mi ha sempre tenuto incollato a questo gruppo: l’uso della Bibbia e i continui richiami ad essa, costanti, quasi spasmodici, e l’idea che tutta la struttura dell’organizzazione, con i suoi insegnamenti, le regole e le imposizioni si fondassero sulla Bibbia. Per ogni attività, per ogni richiesta e per ogni cambiamento di vedute sembrava sempre esserci una solida “base scritturale”. Se c’è una cosa che “devo” ai testimoni di Geova è soprattutto questo, l’avere sviluppato amore per quella che è chiamata “la Parola di Dio”.

Non che i testimoni abbiano un grande rispetto per questo libro sacro, piuttosto fanno dire alla Bibbia ciò che a loro conviene. Oggi sono certo di poter dire che non sono i testimoni di Geova ad adattarsi agli insegnamenti biblici, ma è la Bibbia che viene sistematicamente adattata agli insegnamenti dei testimoni di Geova.

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Eppure mi piaceva leggerla e soprattutto mi piaceva provare a comprenderla. E, siccome le loro spiegazioni avevano una certa logica e, d’altro canto, essendo impossibile o quasi servirsi di fonti extra organizzative per fare confronti, accettare tutto quel che era servito nel piatto diventava la soluzione più conveniente e l’unica possibile. Non va dimenticato che uno dei primissimi insegnamenti che ogni novizio testimone deve accettare è quello della netta divisione fra chi sta nel favore divino (solo l’organizzazione dei testimoni di Geova) e tutto il resto del mondo che invece è sotto il potere e l’influenza del massimo nemico di Dio, il diavolo. Da qui è breve il passo che ti porta a guardare con molta riluttanza tutto ciò che non proviene dall’organizzazione. Sostanzialmente funziona così: tutto ciò che dà ragione alle tesi dell’organizzazione è accettabile e degno di considerazione, tutto ciò che contrasta le tesi dell’organizzazione è frutto del pensiero e dell’insegnamento di questo mondo, che è sotto il potere del diavolo, da cui bisogna stare lontani.

Pensando di essere nell’unico posto al mondo dove poter trovare la “verità” mi sono convinto che stavo servendo Dio. Ma, senza accorgermene, mi ero dedicato al servizio di un’organizzazione umana. Per questo motivo, una volta finite le scuole superiori, da cui sono uscito come il miglior studente maschio dell’anno, ho rifiutato di proseguire gli studi universitari (sempre visti con particolare diffidenza e sottilmente sconsigliati), come avrebbero voluto molti miei insegnanti, e ho rifiutato perfino dei lavori ben remunerati. Essendo un agrotecnico, ricevetti una proposta per dirigere una serie di serre floro-vivaistiche che commerciava in tutta Europa. La paga (nel 1993) era di 5.000.000 di lire mensili, ma il prezzo da pagare era la disponibilità a lavorare in qualsiasi momento, sabati e domeniche inclusi. Si sa, le piante e i fiori non hanno orari …ma i tdg hanno le adunanze, il servizio e tutte le altre attività.

Così ho accettato un lavoro come operaio di una tipografia (la paga era di 750.000 lire mensili) e sono andato avanti. Dopo non molto, forse notando le mie buone capacità, il datore di lavoro mi propose di occuparmi del nuovo magazzino che stavano allestendo, promettendomi una paga migliore (circa 2.000.000) e chiedendomi, ovviamente, una maggiore disponibilità. Cosa pensate abbia fatto? Da buon testimone, essendo insoddisfatto di lavorare a tempo pieno, non solo rifiutai l’offerta, ma dietro suggerimento di un sorvegliante di circoscrizione*, chiesi il lavoro part-time. Il datore di lavoro, pur di non perdermi, acconsentì, e il mese dopo (Aprile 1995) iniziai a fare il pioniere.

Poco dopo arrivò la nomina di servitore di ministero, e io, sempre più inghiottito nel vortice dell’organizzazione, accettai il trasferimento in una congregazione poco distante per servire lì dove il bisogno era maggiore. Ci andai in buona compagnia, mio fratello carnale, anche lui pioniere regolare e un nuovo diplomato della Scuola di addestramento per il Ministero*. Con loro ho condiviso due anni della mia via e un appartamento. Nel frattempo mantenevo il mio vecchio lavoro, perché trovare un altro lavoro part-time era difficile, per cui valeva la pena percorrere tutti i giorni i 50 km per andare e tornare dal lavoro.

Sono stati due anni di sacrifici, soprattutto economici, ma senza dubbio utili a capire che la vita può essere dura. In questo frangente mi sono anche fidanzato con la donna che è diventata mia moglie. Dal momento che la situazione economica (sia sua che mia) era poco stabile, sei mesi prima del matrimonio decisi di interrompere l’attività di pioniere regolare e, per tirar su un po’ di soldi, ripresi il lavoro a tempo pieno. Mia moglie, ovviamente, continuava a fare la pioniera regolare. Non avevamo rinunciato alle nostre mete, volevamo diventare una coppia di pionieri che si metteva a disposizione delle congregazioni con maggior bisogno. Per questa ragione, rinunciammo ad avere una casa tutta nostra e accettammo l’ospitalità dei miei genitori vivendo praticamente in un seminterrato per due anni.

Un anno dopo il matrimonio arrivò anche la nomina ad anziano di congregazione e, in accordo con il sorvegliante di circoscrizione, demmo disponibilità a seguirlo nella sua prossima destinazione. Eravamo praticamente pronti. Avevo già scritto la lettera di dimissioni dal lavoro, conoscevamo anche la nostra destinazione (un paese in provincia di Lecco), quando arrivò la notizia della prima gravidanza di mia moglie. Penso spesso che quell’evento sia stato una specie di “intervento dall’alto”, visto che in quel periodo, per non correre rischi, facevo uso del profilattico.

La sensazione che provai fu simile a chi prende un colpo e cade in ginocchio, tutto avrei accettato, ma un figlio era veramente l’ultimo dei nostri pensieri, e diventò anche il primo dei nostri successivi guai. (Ovviamente il pensiero odierno è cambiato; oggi sono molto, molto felice di aver avuto dei figli).

Primo, rinunciai al nuovo incarico. Non partimmo più. Ma la casa dove stavamo con i miei non avrebbe supportato l’arrivo di un bebé, e poi vivevamo in uno scantinato! Per non parlare dei problemi economici che si presentarono all’orizzonte. Infine, ci furono i problemi caratteriali tra mia moglie e mia madre, che, appena nato nostro figlio, fece il tipico errore delle suocere troppo apprensive e, senza volerlo, si intromise troppo nella nostra vita. Tentai di parlare con mia madre, ma i rapporti erano ormai incrinati e per non peggiorare ulteriormente la situazione, pensammo che forse era il caso di trovare una nuova sistemazione. Solo che eravamo senza soldi, li avevo spesi tutti per acquistare un’auto più grande, adatta ad una famiglia. In quei primi due anni di matrimonio io e mia moglie, a cause delle circostanze, non avevamo mai girato per casa in mutande, ma ora, per usare un eufemismo, eravamo rimasti veramente in mutande.

In poco tempo trovammo una vecchia casa in affitto. Era senza riscaldamento (c’era una sola stufa a legna che doveva riscaldare tre piani!) e ci stabilimmo lì, nel dicembre del 2000, con tanti dubbi sul nostro futuro, tanto freddo e tanti debiti da pagare. Ricordo le difficoltà dei primi tempi: il trasloco, la ricerca dei mobili, la ricerca della legna per il riscaldamento e quasi nessun aiuto da parte dei “fratelli” di fede.

Le sorprese, però, non erano ancora finite, pochi mesi dopo mia moglie era di nuovo in attesa di un figlio. Io continuavo a fare l’anziano, lasciando spesso mia moglie da sola per “pascere il gregge”. Ero un oratore pubblico molto richiesto, in tre anni di attività ho pronunciato circa 70 discorsi pubblici, compresi discorsi speciali e commemorazioni. Avevano cominciato ad assegnarmi dei discorsi anche alle assemblee e la mia “carriera” spirituale sembrava proseguire piuttosto bene, ma non tutto filava per il verso giusto…

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La nascita del nostro secondo figlio, unita ad alcune complicazioni del parto e alla successiva morte di suo padre, aveva fatto cadere mia moglie in una profonda depressione. E nel frattempo io ero sempre più impegnato con le faccende della congregazione. Vivevo situazioni di disagio crescente, continuamente combattuto fra la scelta di stare vicino alla mia famiglia ed il dovere come anziano dei testimoni di Geova. A volte, tornando a casa dalle adunanze (in cui andavo da solo), ritrovavo mia moglie in lacrime e non riuscivo a non chiedermi se avessi fatto bene a lasciarla a casa da sola con due bambini.

Queste mie difficoltà personali furono ulteriormente aggravate da ciò che vedevo negli altri anziani, ovvero la mancanza di preparazione, di vero amore fraterno e di genuino interessamento nei confronti dei bisogni altrui. Ho assistito a penose scenate di gelosia fra anziani, alcune sfociavano in veri e propri litigi fra loro durante le adunanze del corpo degli anziani, con tanto di accuse reciproche e proposta di rimozione dai rispettivi incarichi di servizio. Diventava sempre più evidente che diversi testimoni con incarichi prestigiosi, come anziani, sorveglianti di circoscrizione e beteliti, apprezzavano in modo particolare la posizione raggiunta, l’essere tenuti in alta considerazione e il conseguente “potere decisionale” che ne deriva.

Quello che inizialmente consideravo l’atteggiamento di pochi, divenne presto una triste realtà, dove l’eccezione era rappresentata da quei pochi che consideravano l’essere anziano o sorvegliante un incarico di servizio a favore del prossimo e non una posizione di prestigio da cui ricevere prestigio e favori, o peggio, attraverso cui diventare il controllore della vita altrui.

Sempre più spesso mi domandavo: “E’ questo il comportamento da veri cristiani?”. E se inizialmente cercavo di non farmi influenzare dall’atteggiamento degli altri, nel tempo divenne sempre più difficile, perché l’entrare di più nel privato della vita di molti fratelli mi fece notare in modo inequivocabile che molti di loro non servivano Dio in modo sincero, ma come i loro stessi pastori “dichiaravano pubblicamente di conoscere Dio, ma lo rinnegavano coi fatti”. – Tito 1:16.

Infine ero piuttosto giovane, ero diventato anziano a soli 24 anni, cosa piuttosto rara fra i testimoni e, per questo, subivo le gelosie e le invidie di alcuni “fratelli” più anziani di me di età a cui erano stati negati i privilegi e che non perdevano occasione per criticarmi anche pubblicamente. Mia moglie stava sempre peggio e si stava isolando sempre di più ed io, che avevo già due bambini, passavo le notti a studiare le pubblicazioni della Watch Tower, a leggere le circolari contenenti le direttive della WTS, a preparare le parti delle adunanze e i discorsi e non mi “godevo” minimamente la famiglia.

Alla fine dovetti decidere. E decisi per un cambiamento. Mi presentai un giovedì sera all’adunanza e rassegnai le dimissioni da anziano di congregazione, e con effetto immediato. Gli altri non volevano (forse perché faceva comodo avere qualcuno che lavorava anche per loro), e congelarono la situazione fino all’arrivo del sorvegliante di circoscrizione, che, nel frattempo, era cambiato. Il nuovo sorvegliante comprese la situazione e ufficializzò le mie dimissioni.

Finalmente libero da tanti impegni ricominciai ad occuparmi della mia famiglia e, dismessi i panni di anziano, ricominciai a leggere la Bibbia, analizzandola con maggior attenzione.

Uno dei primi effetti che subii, una volta lasciato l’incarico di anziano, fu il vedere il cambiamento di atteggiamento che i “fratelli” ebbero nei miei confronti. A parte alcune eccezioni, molti si convinsero che questo mio gesto era dovuto alla poca spiritualità, qualcuno pensò che la posizione di anziano mi aveva reso altezzoso e, gli altri anziani, cominciarono a prendermi di mira, indicandomi velatamente come un cattivo esempio. Detto da chi, in una situazione analoga alla mia, aveva deciso di non rinunciare alla posizione trascurando i bisogni della famiglia, la mia decisione suonava come un’accusa alla propria coscienza, per cui, era più facile salire sul podio e dire che chi lasciava l’incarico non riponeva la propria fiducia in Geova e nella sua capacità di aiutarci. Il paradosso è che la moglie di questo anziano un giorno mi confidò di essere atea, di non credere all’esistenza di Geova. Chiesi cosa poteva spingerla a fare una dichiarazione così forte. Rispose dicendo che Dio non poteva lasciare che suo marito, che la maltrattava fisicamente e verbalmente, potesse continuare a mantenere la posizione di anziano. Avrei voluto aiutarla, ma fui raggelato dalle sue successive parole: “Se lo dici a qualcuno, io mi suicido!”.

Essere di nuovo un semplice testimone di Geova mi aiutò a guardare la stessa organizzazione da un nuovo punto di osservazione. Non fu difficile notare che non è un’organizzazione al servizio delle persone, ma un’organizzazione con delle persone al suo servizio. Questa è una delle parole più sentite nelle conversazioni fra testimoni di Geova: Organizzazione, più di Bibbia e perfino di Gesù.

Non è un gruppo di persone veramente felici, ma di individui che eseguono ordini, seguono scrupolosamente delle regole umane, prendono per buoni insegnamenti, ideologie e subiscono passivamente il dominio di chi, secondo loro, rappresenta Dio in terra. Visti “dal basso” sembrano dei soldati, persone integrate in un personaggio preconfezionato per loro dall’organizzazione. Nella maggior parte dei casi, il testimone si sente investito di un alto incarico, in quanto portatore di luce nel mondo. Questa luce proviene dall’organizzazione ed ha un carattere assoluto. Solitamente il testimone non accetta un vero confronto con il proprio interlocutore. Ho spesso visto testimoni di Geova messi in difficoltà da obiezioni di persone ben preparate dire “tornerò un’altra volta per discutere con lei di questo” e poi non mantenere la parola data. Per i testimoni di Geova le persone interessate sono quelle se fanno domande, si accontentano delle risposte date. Chi desidera discutere le “verità” è visto come uno che è meglio lasciar perdere.

Non ci sono più individui pensanti, ma burattini la cui adesione all’organizzazione è totale. Mettere in dubbio qualche insegnamento, spesso anche solo qualche regola dell’organizzazione, suscita nello stesso testimone sensi di colpa così forti da spingerlo a reprimere ogni pensiero che non sia conforme al modello e ai codici di vita imposti. Nel tempo la stessa personalità viene repressa. La cosa a cui i più sembrano dare importanza è la visibilità nel gruppo, la reputazione da costruire, che dev’essere eccellente. Chi non viene visto come buon testimone conosce bene a cosa va incontro: l’isolamento dal resto del gruppo. Di solito, non avendo amici nel resto del mondo, pur di non perdere ogni punto di riferimento, il testimone di Geova è disposto a mentire sulla propria vita privata. Questo atteggiamento è reso ancor più necessario se si considera che la delazione è una pratica largamente diffusa fra i testimoni. Questo espediente dell’organizzazione, dove ognuno controlla il proprio fratello, aiuta a mantenere una facciata di persone dal comportamento esemplare, ma serve nel contempo alla stessa organizzazione per tenere sotto controllo i propri adepti. Ora, dal momento che la posizione di visibilità è privilegio di pochi, ne consegue che la competizione è molto forte, e chi non riesce ad emergere vive spesso in una condizione schiacciata, non solo dai divieti e dalle regole dell’organizzazione, ma dall’impossibilità di coltivare l’autostima e la gratificazione di sé stessi fuori dall’organizzazione. L’essere stato prima molto visibile e poi invisibile mi ha portato a fare queste riflessioni.

Adesso però avevo più tempo per me stesso. E ciò che leggevo dalle Scritture, in particolar modo lo spirito che aveva animato i primi cristiani era qualcosa di molto diverso da quanto vedevo nei miei “fratelli”. Non c’era la condivisione, la felicità e, soprattutto, non c’era l’Amore che il Cristo aveva tanto insegnato.

A questo mia iniziale analisi si aggiunse ciò che un altro testimone di Geova, anche lui emarginato dal resto della comunità, cominciò a dirmi. Lui si definiva membro della classe degli “unti”, coloro che andranno in cielo che, secondo i testimoni di Geova, sono complessivamente solo 144.000 persone. Tutti gli altri, me compreso, avevamo come destino la vita eterna sulla Terra trasformata in un paradiso edenico, e questo per essere venuti al mondo dopo il 1935!

Le cose che questo testimone diceva, pur essendo contrarie alla dottrina dei testimoni di Geova, mi incuriosivano sempre più. Così cominciai a frequentarlo regolarmente. Passammo molte serate in compagnia sua e di sua moglie. E, nel frattempo, approfondimmo alcuni aspetti dottrinali. Negli ultimi tempi si era sviluppato in entrambi il pensiero che forse gli insegnamenti andavano rivisti. Ma come fare? Non avevamo nessuna competenza. Convenimmo che era necessario trovare un ordine. E l’ordine fu che innanzitutto ogni credenza deve essere vagliata confrontandola con gli insegnamenti e l’esempio lasciatoci da Cristo.

I dubbi e le perplessità vennero a galla in poco tempo, era evidente che molti insegnamenti comunemente accettati dai testimoni di Geova non avevano nessun fondamento nel Vangelo, in quello della primitiva Chiesa ma erano solo il risultato della forzatura di alcuni passi biblici per giustificare certe scelte. Quando ci rendemmo conto che perfino la stessa traduzione usata dai testimoni era stata volutamente artefatta per adattarla ai loro insegnamenti, cominciò a farsi strada l’idea che, se veramente volevamo servire Dio, allora eravamo nel posto sbagliato.

Faccio alcuni brevi esempi:

  • Se Gesù disse “Non sta a voi acquistar conoscenza dei tempi e delle stagioni che il Padre ha posto nella propria autorità, perché affannarsi così tanto per riuscire a “indovinare” date impossibili? Perché tanta ansia nel proclamare prima il 1914, poi il 1918, il 1925, il 1975 come possibili date della “fine del mondo”? Senza parlare di quelle meno acclamate, come il 1941, il 1984 e altre ancora! A che pro, visto che chi serve Dio lo fa non in vista della ricompensa ma per amore e riconoscenza?

  • Se Gesù insegnò “Siete tutti fratelli… non siate chiamati rabbi né condottieri” perché erano stati istituiti nelle congregazioni gli ordini gerarchici degli anziani e servitori di ministero con ruoli predeterminati? Perché erano state escluse le donne? E perché i testimoni avevano addirittura esteso questo modo di fare frammentando se possibile ulteriormente le classi dirigenziali, inventandosi Sorveglianti di distretto, di circoscrizione, pionieri, missionari ecc…?

  • Se Gesù, che aveva definito gli scribi e farisei “progenie di vipere”, denunciandone i comportamenti pubblicamente, non si era astenuto dall’accettare inviti a pranzo ricevuti proprio da farisei, perché noi dovevamo rifiutarci di stare in compagnia e mangiare con qualcuno dalle idee diverse dalle nostre, o con un presunto “peccatore” e addirittura togliergli il saluto? Non aveva detto lo stesso Gesù “se salutate solo i vostri fratelli che cosa fate di straordinario?” E non aveva aggiunto che lui era venuto a salvare “coloro che sono persi”?

  • Se Gesù aveva, e più volte, ammonito di non giudicare gli altri, che necessità c’era di formare comitati giudiziari? E chi avrebbe potuto giudicare con libertà di parola, dal momento che siamo tutti peccatori? Non aveva insegnato a dare più valore alla misericordia piuttosto che al giudizio?

  • Se Gesù aveva detto che di tutte le pecore che era venuto a chiamare avrebbe poi formato “un solo gregge sotto un solo pastore”, perché suddividere i credenti in due classi con speranza diversa, come se fossimo servitori di serie A e serie B, stabilendo per giunta che la separazione tra le due speranze dipendeva da una data, il 1935, che nelle Scritture non trova nessun riscontro? Non aveva detto Gesù, in una parabola, che gli operai assunti nell’ultima ora sarebbero stati pagati come quelli che avevano lavorato per tutto il giorno? Quindi, perché discriminare?

Poi scoprimmo che una delle fondamentali dottrine, su cui poggia tutta l’impalcatura dell’insegnamento relativo agli “ultimi giorni”, si basa su una datazione sbagliata, e i testimoni venivano smentiti da autorevoli fonti del mondo accademico, accettate da tutti tranne che da loro. Il loro metodo di calcolo per identificare il 1914 come l’anno dell’inizio del regno messianico di Gesù si basa sulla data della prima distruzione del tempio di Gerusalemme, che loro collocano nell’anno 607 a.C. Tutti gli studiosi sono invece concordi nel collocare la data di questo evento verso il 586/587 a.C.

Queste e molte altre considerazioni ci fecero, nei mesi che seguirono, intensificare l’analisi delle dottrine dei testimoni di Geova mettendole a confronto con lo spirito del cristianesimo che potevamo “respirare” leggendo i vangeli. E fu un periodo molto emozionante, felici delle scoperte che quasi quotidianamente facevamo.

Capire improvvisamente, da soli, tante “verità” fino a quel momento tenute nascoste era meraviglioso, ma contemporaneamente anche difficile da contenere. Non potevamo tenere per noi stessi tutto ciò che scoprivamo. I primi a cui parlai furono i miei genitori, poi al resto della famiglia e infine gli amici, cominciando da quelli più intimi. Sapevamo bene che la nostra era una lotta contro il tempo e che, prima o poi, saremmo finiti bruscamente davanti al tribunale inquisitorio dell’organizzazione, che entrambi conoscevamo molto bene.

Infatti, dopo circa 4 mesi dall’inizio della nostra ricerca, cominciarono a circolare alcune voci sul nostro conto. Qualcuno era andato a riferire loro che le nostre conversazioni creavano scompiglio tra i fratelli. Gli anziani cominciarono la loro attività investigativa e, per prendermi in trappola, dissero a uno dei miei “fratelli” di fede di fingersi interessato a ciò che dicevo. Fece questo, continuando a fare domande su domande. Io, che lo credevo sincero, risposi, e una domenica di fine Giugno del 2004, un anziano mi prese in disparte e mi disse che ero stato accusato di diffondere falsa dottrina nella congregazione. L’accusatore era proprio colui che mi aveva fatto tutte quelle domande!

Il 4 luglio 2004 fui convocato davanti a 4 anziani che dovevano “esaminare” il mio caso ed eventualmente emettere un giudizio.

Ricordo ancora molto bene il giorno del comitato giudiziario.

Chiesi dov’erano i miei accusatori, che, per regola, devono presentarsi di persona ad un comitato giudiziario per formulare l’accusa. Non si era presentato nessuno, ma gli anziani avevano una lettera (che non mi fu mostrata) scritta, a loro dire, da chi mi aveva accusato. A loro, evidentemente, interessava solo “farmi fuori”, espellermi dalla congregazione, in modo da non riuscire più a parlare con nessun testimone di Geova.

Tutti gli anziani erano pronti per la mia “esecuzione“. Ma nessuno di loro era veramente preparato per affrontare una discussione con un “apostata”. Infatti commisero l’errore di provare a discutere con me sulla ragione delle mie nuove vedute, pensando di potermi facilmente raggirare.

Per esempio, uno di loro disse che siccome Giovanni 10:16 parla di “altre pecore che non sono di questo ovile” doveva per forza trattarsi di una classe di persone con speranza diversa da quella celeste, al ché io gli chiesi se conosceva il significato della parola ovile (luogo in cui si custodiscono le pecore). Siccome fu lui stesso a fornirmi la definizione del termine, mi limitai ad aggiungere che evidentemente Gesù non parlava di due speranze, e, siccome le pecore erano sempre pecore (quindi della stessa natura), ciò che cambiava era la loro provenienza d’origine, perché il primo gruppo era quello degli Ebrei naturali (infatti al v.3 Gesù evidenzia che nel primo ovile la porta gli era stata aperta dal portiere, cioè Giovanni il Battezzatore, precursore del Cristo), ma non era così per il secondo ovile, che quindi doveva rappresentare tutti i figli di Dio non discendenti dalle 12 tribù ebraiche. Non parlò più.

Un altro ancora provò a mettermi in difficoltà commentando il versetto di Apocalisse 7:9 in cui si parla della “grande moltitudine”, che, secondo i testimoni, rappresenta tutti coloro che hanno la speranza di vivere per sempre sulla terra. Risposi anche a lui, semplicemente facendo notare che la “grande moltitudine” è vista davanti al trono di Dio, che è in cielo. Infatti, quasi tutta l’Apocalisse, è stata ricevuta in visione con il diretto invito a “salire”, e chi scrisse confermò che il trono che vide “era nella sua posizione in cielo”. (Apocalisse 4: 1, 2) Aggiunsi inoltre che, non si può fare una distinzione di classi nel capitolo 7 dell’Apocalisse, in quanto Giovanni prima “ode” il numero dei suggellati, e successivamente vede una grande moltitudine che nessun uomo poteva contare. Chiesi loro se credevano di riuscire a contare una folla di 144.000 persone. Senza contare che questo numero ha un chiaro significato simbolico. Dal momento che non riusciva a contrastare le mie affermazioni, cominciò ad alzare la voce. Lo invitai a stare tranquillo e gli feci notare che avevo solo risposto alle sue domande, e aggiunsi chiedendo:

Se di fronte all’evidenza dei fatti capisci che c’è una netta divergenza fra la realtà logica delle Scritture e l’artificiosa interpretazione che ne dà il Corpo Direttivo dei testimoni di Geova, tu da che parte ti schieri?”

Mi rispose che avrebbe sempre seguito gli insegnamenti della Torre di Guardia. Fu allora che dissi:

è per questo che sono giudicato? Perché ho deciso in coscienza di farmi guidare dalle Scritture e non dalla Torre di Guardia? Se è così che stanno le cose, abbiamo sbagliato nome! Non siamo testimoni di Dio, ma della Watch Tower Society!”

Indispettito da questo affronto, prese la parola il presidente del comitato giudiziario, che, zittendo gli altri tre, disse:

Non siamo qui per discutere con quest’uomo su chi abbia ragione. La ragione ce l’abbiamo noi, e lui deve sottomettersi e riconoscere l’autorità del Corpo Direttivo o non può più essere considerato un testimone di Geova! Se non lo fa sa già quale sarà la sua fine. Ed è fortunato che non applichiamo alla lettera la Bibbia, perché per una condotta del genere meriterebbe la lapidazione!”

Quando mi lessero la sentenza di condanna, non fu citato nessun versetto biblico per convalidare la loro decisione, ma un articolo della rivista “La Torre di Guardia”, principale organo di informazione dell’organizzazione. Fecero con me una cosa piuttosto insolita. Normalmente, anche di fronte ad una espulsione, il disassociato viene informato che può, se vuole, frequentare le riunioni, a patto di non salutare nessuno, non tentare di iniziare conversazioni e di arrivare dopo l’inizio e andarsene poco prima della fine della riunione. Io fui invitato a non andare più alle loro adunanze, cosa che non feci. Almeno una volta ci andai, e per una precisa ragione. Un testimone a cui avevo perlato delle mie perplessità su alcuni insegnamenti dell’organizzazione, ragionando con me sulla mia probabile disassociazione disse:

Se ti disassociano, tu vieni in Sala del Regno, perché voglio stringerti la mano. Voglio proprio vedere se hanno il coraggio di dirmi qualcosa solo perché sono educato con te e ti saluto.”

Così, la domenica successiva alla mia disassociazione, andai alla riunione e questo signore venne a stringermi la mano. Fu disassociato per averlo fatto e per aver affermato che lo avrebbe fatto ancora.

La mia esperienza nei testimoni di Geova finì in questo modo! Una sorte simile capitò anche all’altro testimone di Geova, che fu disassociato il giorno successivo, come pure un’altra donna che ascoltandoci, aveva compreso di essere stata ingannata.

Un altro fu disassociato perché prese le mie difese e suggerì agli anziani di cercare il dialogo con i dissidenti, invece che giudicare a priori, senza conoscere i fatti.

Nei successivi giorni, settimane e mesi che seguirono la nostra disassociazione anche altri testimoni di Geova, di almeno 5 congregazioni della zona, decisero di uscire dall’organizzazione! Alla fine furono circa 40 le persone che decisero di abbandonare questo culto.

Dal momento che l’emorragia era grave, all’interno delle congregazioni della zona furono fatte circolare delle vere e proprie calunnie sul conto mio e di altri fuoriusciti. La notizia era sufficientemente scandalosa da suscitare la curiosità di molti testimoni della zona. In fondo ero stato anziano, e non solo io. Alcuni fuoriusciti erano pionieri e altri erano servitori di ministero ritenuti esemplari.

Così, approfittando del fatto che in quel periodo mia moglie era al mare con i bambini, fu messa in giro la voce che ero stato dissociato per adulterio con una pioniera regolare (anche lei dissassociata per apostasia). Di altri fu detto che erano mariti poco amorevoli, addirittura violenti con la propria moglie. La voce del mio presunto tradimento arrivò fino a Napoli, dov’era mia moglie con i nostri figli, e ancora oggi ci sono testimoni di Geova che credono che la mia disassociazione sia stata causata dall’adulterio!

Penso che i veri cristiani non farebbero uso della menzogna per far emergere la verità!

Dopo la mia disassociazione una delle prime cose che feci fu quella di procurarmi il libro “Crisi di coscienza”, scritto da Raymond Franz, ex testimone di Geova ed ex membro del Corpo Direttivo, la massima autorità dell’organizzazione. Non lo avevo fatto prima semplicemente perché non volevo farmi condizionare dal pensiero di altri uomini. Rimasi stupito e profondamente amareggiato da quello che leggevo. Capivo che ciò che io avevo sperimentato e visto in piccolo, all’interno della congregazione, era lo stesso spirito che animava quest’organizzazione anche nei suoi vertici. Ma almeno adesso ero libero.

Non è stato facile smettere di essere un testimone di Geova. Il condizionamento psicologico è così forte che ci vogliono anni di lavoro su sé stessi per uscire dagli schemi mentali a cui si è abituati. Molti non ci riescono del tutto. Altri, spinti dal rimorso dei sensi di colpa, o dal completo isolamento in cui si trovano, rientrano nelle fila. Purtroppo qualcuno sceglie soluzioni ancora più tragiche. Non si può negare che l’ostracismo sia la motivazione principale che spinge molti a tornare dentro l’organizzazione. Pur di non perdere i contatti con gli amici e i parenti, sono disposti a fare quello che serve per riallacciare i rapporti interrotti bruscamente. Non è affatto un culto dove trovi la libertà, piuttosto vieni catapultato in mondo irreale, illusorio e, pur vivendo nel mondo, non ne sei più parte. Sei uno schiavo che vive nell’illusione di essere libero. Sono riuscito a svegliarmi da questo lungo sonno, e prego Dio che siano molti quelli che riescano nella stessa impresa.

Andrea Cinel

Breve prontuario della terminologia geovista.

  • Pioniere: Il pioniere è un testimone di Geova che si assume l’impegno scritto, attraverso la compilazione di un modulo che firma, di dedicare un certo numero di ore all’attività di proselitismo che contraddistingue i testimoni di Geova. Vi sono diversi tipi di pioniere: Speciale, Regolare ed Ausiliario.

  • Sorvegliante di circoscrizione: è un anziano itinerante che viaggia di congregazione in congregazione, visitandole regolarmente un paio di volte l’anno. Una circoscrizione è un gruppo di congregazioni geograficamente vicine che mediamente contano all’incirca 800/1200 proclamatori.

  • Sorvegliante di distretto: come il Sorvegliante di circoscrizione ma con la funzione di visitare circoscrizioni. Più circoscrizioni costituiscono un distretto. Solitamente è considerato un testimone di Geova molto esperto.

  • Scuola di Addestramento per il Ministero (SAM): è corso di addestramento intensivo sulle direttive e le regole dell’organizzazione della durata di otto settimane rivolto ad anziani e servitori di ministero scapoli. Molti dei partecipanti vengono poi inviati a servire in congregazioni con carenza di nominati.

  • Anziano: è un pastore spirituale che si occupa di organizzare e coordinare le attività di una congregazione. Fra le sue attività vi sono l’insegnamento e la cura pastorale.

  • Servitore di ministero: è un assistente degli anziani. Non ha la mansione di insegnante. Si occupa di attività di tipo logistiche e assistenziali, come il rifornimento di letteratura e riviste, l’assegnazioni dei territori in cui predicare e la pulizia e la manutenzione delle Sale del Regno.

  • Sala del Regno:luogo di culto dei testimoni di Geova, sede delle attività di una congregazione.

  • Predicazione: è l’attività di proselitismo a cui deve partecipare ogni testimone.

  • Proclamatore: identifica colui che predica. Ogni proclamatore è tenuto a fare rapporto mensile della propria attività di predicazione.

  • Betel: sedi nazionali dei testimoni di Geova. Termine di origine aramaica che significa “casa di Dio”. I beteliti sono testimoni di Geova volontari che prestano servizio nelle Betel in modo gratuito.

Testimoni di Geova e l’ostracismo

La dinamica delle sette distruttive: intervista a Miguel Perlado psicologo, esperto di sette

Entrevista a Miguel Perlado en Antena3 y a un ex miembro sobre su pertenencia a los Testigos de Jehová.